venerdì 27 aprile 2012

LE ALLEGRE COMARI DI WINDSOR


TEATRO ELISEO
Dal 4 al 13 maggio 2012

LEO GULLOTTA

in

LE ALLEGRE COMARI DI WINDSOR

di William Shakespeare
traduzione e adattamento di Fabio Grossi e Simonetta Traversetti

con Alessandro Baldinotti, Paolo Lorimer, Mirella Mazzeranghi, Fabio Pasquini

e con Rita Abela, Fabrizio Amicucci, Valentina Gristina

eCristina Capodicasa, Gerardo Fiorenzano, Gennaro Iaccarino, Francesco Maccarinelli, Federico Mancini, Giampiero Mannoni,
Sante Paolacci, Vincenzo Versari


regia Fabio Grossi

scene e costumi Luigi Perego
musiche Germano Mazzocchetti
movimenti coreografici Monica Codena
luci Valerio Tiberi

regista assistenteMimmo Verdesca



Reduce da uno straordinario successo di critica e pubblico in una tournée che ha toccato i più importanti teatri italiani, Leo Gullotta torna al Teatro Eliseo di Roma dal 4 al 13 maggio e interpreta Falstaff  ne Le Allegre Comari di Windsor  di William Shakespeare per la regia di Fabio Grossi.

Fu per volontà della regina Elisabetta I che il Bardo riesumò Sir John Falstaff,  fatto morire nella sua precedente opera, l’Enrico V:  nacque così LE ALLEGRE COMARI di WINDSOR.
Ad accreditare questo aneddoto fu infatti John Dennis, che lo riferì nel 1702.
La smania della regina, come precisò pochi anni dopo un altro attento cronista shakespeariano, Nicholas Rowe, derivava da un suo divertito “invaghimento” per la poderosa figura comica di Falstaff; invaghimento che le istillò il desiderio di vederlo  in un altro dramma, e per di più innamorato. Sicché, per non venir meno al dictat dell’imperiosa Elisabetta, Shakespeare avrebbe, non già “resuscitato” Falstaff, che è moderno espediente da soap-opera, ma escogitato l’ intreccio narrativo delle Allegre comari collocandone la vicenda in un tempo immediatamente precedente alla morte del cavaliere, raccontata da Mistress Quickly, altro personaggio riproposto, nell’ Enrico V .
Anche questa Nostra edizione, benché passati parecchi secoli, nasce sotto l’occhio vigile e severo della GRANDE Regina: intrighi, scherzi e maramaldate, sfileranno così secondo il divertito gusto shakespeariano  .
Protagonista della vicenda è Sir John, con le sue esuberanti smargiassate da guascone, la sua sovrabbondante figura, la sua pletorica simpatia cialtrona, il suo amore per la crapula e il bicchiere e la sua irresistibile, endemica disonestà viziosa e bonaria. Con gli occhi di oggi, lo considereremmo un diverso, sia per verbo che per figura,  un avverso al presupposto bigotto di una società borghese.
Ma la tessitura della commedia stessa, va oltre l’apparenza e, per andar al di là del detto che “l’apparenza inganna”, proprio d’inganni e scherzi, per lo più perfidi, questa è avviluppata.
Vi si racconta di una società, che vive sotto l’occhio della Corte, dove il dileggio l’uno dell’altro dei componenti della comunità, fa da quotidiano passatempo: la protervia della condizione di nascita e dello svolgersi dei fatti della vita d’ognuno la farà da presupposto dominante.
Tanto pronti ad impugnar le spade, a difesa di supposti e ridicoli onori, quanto a deporle per sostituirli con boccali di vin di Spagna, al fin inconscio di proporsi come innocue prede di chi del borseggio fa scopo di vita.
Un ventaglio di più svariata umanità la farà da protagonista della vicenda: il bonario benestante, il meschino geloso, lo scaltro pedante, il servo scimunito, il pavido baciapile, l’ampolloso bottegaio, l’antipatico saccente. Ma su tutti trionferanno le donne, le qua raccontate Comari, che con furbizia e lungimirante intelligenza, collocheranno in maniera indolore per la comunità, la parola fine alla vicenda.
Quindi, amori e amanti , guasconi maldestri e burocrati vacui, mariti gelosi e golosi mercanti, mercenari allettanti ed infingardi, ci racconteranno la storia che , come nelle migliori tradizioni teatrali, verrà in alcuni parti rafforzata dalla partitura musicale, sottolineando di volta in volta momenti o comici, o grotteschi, o romantici.
Fabio Grossi