venerdì 27 aprile 2012

Jules et Jim



«Mi hai detto: ti amo.                                                                                                                                                                      
Ti dissi: aspetta.                                                                                                                                                                    
Stavo per dirti: eccomi.                                                                                                                                                                                                                           
Tu mi hai detto: vattene.»
Queste parole aprono il film di François Truffaut  Jules et Jim e sembrano racchiudere lo spirito leggero, intangibile, quasi irreale che anima e caratterizza questa pellicola. 
           
Nel 1907, nel quartiere parigino di Montparnasse, Jules e Jim, un austriaco e un francese appassionati di arte e di letteratura, si legano in un’amicizia per certi aspetti  spirituale, trascorrendo il loro tempo nella lettura di poesie,  discutendo di arte e, talvolta, alla ricerca di ragazze. S’inserisce nella loro felice vicenda Catherine, la donna “naturale, quindi abominevole”, seguendo la definizione di Baudelaire.  Subito Jules se ne innamora ed è intenzionato a sposarla, mentre Jim prova per lei una celata attrazione. Divisi dalla prima guerra mondiale, i due amici che combattono su diversi fronti, riescono comunque ad incontrarsi alla fine del conflitto. Jim va a trovare Jules, che nel frattempo ha sposato Catherine, ma il loro matrimonio logoro e incrinato e i tradimenti della moglie lo hanno cambiato, allontanandolo dall’arte e dalla poesia. Tra Catherine e Jim  nasce una relazione che porterà la donna a chiedere al marito di non ostacolare il loro rapporto, fino ad accettare che Jim vada a vivere da loro. Jules, profondamente innamorato,  accetta tutte le sue richieste fino all’epilogo tragico.                

La pellicola di Truffaut va letta in un’ottica che prescinde gli schemi prettamente cinematografici e investe quelli di altre forme artistiche e di pensiero, in particolar modo della letteratura,  la più vicina all’esplicazione dei sentimenti e dell’intelletto.  Jules e Jim sono due nature docili e poco ribelli, ed è Catherine il vero centro della narrazione. Questa donna, costantemente insoddisfatta, vive in maniera libera e spontanea e ama con istinto e infantilità. E’ sublime e fatale, in grado di sconvolgere l’esistenza dei due amici e di trasportarli al di fuori della realtà attraverso il suo fascino e la sua natura distante da tutto.      
 Questo film è una magica alchimia e rende una sorta di astrazione, all’interno della quale viene esplorato il mondo dei sentimenti,  nel loro naturale svolgimento e negli effetti che determinano sugli altri, e all’epoca della sua uscita, nel 1962, fu un discorso nuovo intorno alla donna e una riflessione sull’“impossibilità di altre combinazioni amorose all’infuori della coppia”.  L’ispirazione di Truffaut è quasi totalmente letteraria:  questo film, tratto dall’omonimo romanzo di Henri-Pierre Roché, sceneggiato dallo stesso regista, mostra un forte richiamo alle Affinità Elettive di Goethe.  Come Edoardo e Ottilia, protagonisti del romanzo di Goethe, anche Jim e Catherine concludono la loro storia nella tragedia, che segna il fallimento del loro amore fanciullesco, che sfocia nel dolore e li congiunge nella morte.
Particolarmente innovativa la fotografia, curata da Raoul Coutard, che contribuisce alla sperimentazione di nuove tecniche visive. Gradevole la colonna sonora, nella quale è inclusa una canzone eseguita dalla stessa Catherine, interpretata dalla splendida Jeanne  Moreau.  All’epoca della sua uscita il film suscitò parecchio scalpore, in particolar modo intorno alla figura di Catherine, e in Italia scampò il pericolo della censura per l’intervento di Roberto Rossellini e Dino de Laurentis. Questo film è in grado di vincere il confronto con il tempo per la straordinaria finezza registica di François Truffaut, capace di una grande sensibilità per il dolore dell’esistenza.
gianmarco sperti