Teatro Lo Spazio
Dal 9 al 27 maggio 2012
DI NOTTE CHE NON C'E' NESSUNO
Testo e regia di Luca De Bei
con David Sebasti, Azzurra Antonacci, Gabriele Granito
Scene: Francesco Ghisu
Costumi: Sandra Cardini
Disegno luci: Marco Laudando
Aiuto Regia: Fabio Maffei
Foto di scena: Pietro Pesce
Dopo l’esordio in forma di lettura scenica al Piccolo Eliseo Patroni Griffi nell’ambito dei lunedì di Artisti Riuniti, debutta al Teatro Lo Spazio dal 9 al 27 maggio 2012, il nuovo spettacolo scritto e diretto da Luca De Bei “Di notte che non c’è nessuno” con David Sebasti, Azzurra Antonacci, Gabriele Granito.
In una notte d’estate lungo i binari in disuso di una ferrovia si ritrovano tre personaggi: una ragazza che vive di espedienti, un ragazzo che vende il suo corpo, un giovane avvocato che nelle fughe notturne in cerca di sesso si porta dietro il figlio di pochi mesi. In preda alle loro contraddizioni spesso tragicomiche, i personaggi sono uniti da un vuoto di valori e di ideali ma anche dal desiderio di un futuro diverso. Mentre le ore scorrono verso un’alba destinata a illuminare le loro vite mutate i tre ci riveleranno il loro bisogno dell’altro, un bisogno profondo di emozioni e sentimenti nel tentativo, disperato, di esistere.
Luca De Bei:
Nasce a Padova da padre veneto e madre italoamericana. Cresce a Napoli. Si diploma alla scuola di recitazione del Teatro Stabile di Genova. Come autore e regista debutta nel 1990 a New York con Buio interno aOff Broadway. Tra i suoi testi: Un cielo senza nuvole, I cani davanti alla lepre, La spiaggia (con Maria Paiato), Cacciatori nella neve, Un cuore semplice (dal racconto di Flaubert e ancora con Maria Paiato), Le mattine dieci alle quattro, L’Uomo della Sabbia (tratto dal racconto di E.T.A. Hoffmann). Nel 2001 vince il Premio Flaiano e nel 2002 il Premio Europeo per la Drammaturgia del Festival di Heidelberg. Con Le mattine dieci alle quattro vince il premio Golden Graal per la regia 2010 e il premio LE MASCHERE 2011 come "Miglior Autore di Novità Italiana".Le Mattine dieci alle quattro, è stato in scena a Roma per tre anni consecutivi e sarà a Milano al Teatro Elfo Puccini dal 15 al 20 di maggio 2012. È anche sceneggiatore cinematografico e televisivo.
Intervista a Luca De Bei:
Come nasce questo nuovo testo?
“Di notte che non c’è nessuno” è in realtà una ideale prosecuzione di “Le mattine dieci alle quattro” (premio Le Maschere del Teatro 2011 – Migliore autore di novità italiana), o meglio è un suo completamento. È la faccia opposta della medaglia. Non è un caso che nel primo titolo ci fosse la parola “Mattina” e qui il suo opposto, la “Notte”. Nel primo testo i tre personaggi si ergevano in qualche modo al di sopra del disagio sociale, erano anime “pure” che cercavano, e in qualche caso trovavano, il coraggio per andare avanti, per resistere, per credere nella forza dei sentimenti. Erano personaggi positivi, in cerca di valori. Infatti il tema portante, nonostante l’argomento “tematico” fosse quello delle morti sul lavoro, era una storia d’amore e anche di amicizia e solidarietà. Qui, in “Di notte che non c’è nessuno” i personaggi sono invece immersi nel disagio, ne fanno parte, addirittura ne sono i responsabili.
Chi sono i protagonisti della vicenda?
Il ragazzo e la ragazza sono dei delinquenti, anche se di piccolo calibro (ma mettono in atto il rapimento di un neonato), il terzo uomo, un avvocato, viene dalla borghesia e “scende” nell’inferno di una notte fatta di violenza e se ne rivela, sorprendentemente attratto e complice. In tutti e tre è palese un vuoto di valori, di ideali. E’ il “non esserci nessuno” del titolo. Le loro anime sono un pozzo vuoto, un gorgo che risucchia l’ambiente esterno, lo vuole possedere, fagocitare, digerire (come il serpente di cui parla il ragazzo, che si nutre solo di prede vive).
Il giovane avvocato rappresenta qui l’ipocrisia di una società che si fonda sulla menzogna, sull’apparenza. Nel corso della storia rischierà di pagar a caro prezzo la sua condotta, e il compromesso fatto per ottenere un lavoro di prestigio (anche se sarà in realtà sbeffeggiato dal suo “dominus”, il suocero). Proviene da una famiglia modesta e crede di poter realizzare un avanzamento sociale sposando la figlia di un noto avvocato. Pur di essere accettato nel mondo che agogna, accetta di diventare padre e di dare al suocero un nipote. La sua natura omosessuale lo spinge perciò a cercare sesso fuori dal nucleo familiare con giovani ragazzi che si prostituiscono (è risaputo peraltro che la maggioranza dei clienti dei giovani prostituti sono proprio padri di famiglia). Ma questo personaggio è anche una vittima di un sistema che rende i neo-laureati in giurisprudenza schiavi degli studi di avvocatura, che il sottopongono a trattamenti umilianti per il praticantato necessario all’esame di abilitazione alla professione. È’ insomma,un personaggio che sia nel privato che nel pubblico, è sottoposto a pressioni e richieste che rischiamo di farlo “esplodere”.
C’è un filo conduttore che lega i suoi personaggi?
Nei miei testi i personaggi sono in genere ai margini della società: dimenticati, smarriti, manchevoli, orfani, impreparati. Per questo osservano dall’esterno le regole del vivere sociale, e ne possono mettere anche se spesso inconsapevolmente, alla berlina le ipocrisie, le falle, i soprusi. La famiglia non è, a mio avviso, mai stata un vero valore per la società occidentale contemporanea, ma solo un mezzo di controllo, di consumo, di demagogia politica e sociale. La famiglia dell’accezione patriarcale e contadina (ricca di valori e di insegnamenti per i giovani) ha lasciato il posto a un goffo simulacro di nucleo familiare. Eppure, nonostante all’interno delle famiglie avvengano la stragrande maggioranza di violenze fisiche e psicologiche, stupri, delitti, tutti i rappresentanti del consesso civile fanno a gara per elogiare il concetto di famiglia, approvano leggi per la sua tutela, disconoscono ogni altro tipo di unione, di legame, di nucleo familiare. Ritengo invece che l’amicizia, gli affetti, e in primo luogo la solidarietà e l’empatia siano la nostra unica possibilità per un riscatto, per un progresso reale e anche l’unica chance che abbiamo per salvare noi stessi e gli altri dalla catastrofe sociale e ambientale verso cui l’umanità intera (sette miliardi di individui) si sta dirigendo con colpevole indifferenza.